I punti di forza e di stanchezza
Si dovrebbero rispettare i punti di forza e di stanchezza dell’altro: un uomo per esempio, a differenza di una donna, è capace di staccare ogni tanto la spina – e contrariamente a molte mie amiche io penso che questo sia un punto di forza – e di riposarsi quando ne ha bisogno per mantenere la lucidità che serve a tutti. Noi che come Fausto Coppi non molliamo mai, e ci passiamo la borraccia in corsa pur di non fermarci a bere, facciamo un po’ fatica a capire la sua logica a corrente alternata, e a permettere che si riposi, per esempio evitando di assalirlo al ritorno dal lavoro.
Perciò vorrei dire a Giorgia di astenersi almeno dall’aspettare Paolo al cancello per mollargli i bambini in braccio e cominciare a lamentarsi, quando lui torna a casa. Perché in quel momento lui ancora pensa al progetto da stampare o, in alternativa, a quale fantasiosa forma di tortura adottare con i suoi operai che hanno combinato quel disastro – se sia meglio strappare loro le unghie con le tenaglie o costringerli alla visione coordinata e continuativa di tutti i film tratti dai romanzi di Jane Austen. In quel momento, al ritorno a casa, l’ultima cosa che vuole al mondo è essere messo a parte di qualche altro problema, o costretto a fare il puzzle di Winnie the Pooh o il soffritto.
Ci sono anche giorni in cui, per una serie di errori non imputabili a lei, Giorgia si trova a essere di buon umore, ma sono rari e le cose tornano presto a posto, essendo lei fedele al motto che da tempo ha fatto suo: «l’unico giorno facile era ieri» (è delle forze speciali della fanteria americana: avere un figlio tredicenne allarga i tuoi orizzonti culturali).
Se lei sapesse che cominciando a servire il suo uomo risveglierebbe in lui la voglia dì alzare un muro forte per lei e i figli, lo farebbe con gioia e generosità, con slancio.
Tutto questo c’entra poco o niente con chi lava i piatti, ma c’entra molto, invece, con l’essere uomo e donna adulti. Nella chiamata dal nulla all’esistenza, Dio ha creato il mondo per regalarlo all’uomo, ha creato l’uomo per regalarlo alla donna, e la donna per regalarla all’uomo, come dice Wojtyla. È la dimensione del dono – fondamentale, radicale perché viene dal nulla – la verità della creazione. La nostra verità. Anche l’uomo alla fine è un regalo per il mondo. Un uomo che insieme alla donna soggioga la terra e domina gli animali (Paolo, ti prego, caccia i cani dal divano, perché fatalmente dove viene idolatrato l’animale è l’uomo a fare una brutta fine).
E vorrei dire per l’ultima volta a Giorgia che la regola del servizio libero funziona benissimo con gli uomini, i quali non sopportano costrizioni (no, ragazzi, la regola non vale per voi, sotto i tredici anni no, mi dispiace, non aspetterò che nasca in voi spontaneo il desiderio di riordinare i Lego, né un afflato, un’armonia celeste che vi sospinga e vi suggerisca di andare a studiare): il servizio consegna nelle nostre mani la dedizione dell’uomo, e il suo servizio, a sua volta. Solo che questa volta verrà con il sorriso. Devo però puntualizzare che rispetto ai nostri amici Giorgia e Paolo noi siamo avvantaggiati, perché siamo sposati. Abbiamo preso un impegno (mio marito nega, ma c’era, l’ha detto, l’ho sentito bene) e questo cambia prospettiva come in una rivoluzione copernicana: non è che stiamo insieme finché ce la facciamo, ma facciamo di tutto per stare insieme meglio possibile, visto che comunque ci staremo per sempre. In più noi abbiamo la grazia, e quella è l’arma segreta, il superbonus. La grazia che fa nuove tutte le cose. Un aiuto vero, concreto, che provvede veramente. Tanto che io a volte penso che mi sono sposata in chiesa (e quella volta alla messa non mi sono neanche addormentata) perché mi piace vincere facile.